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Tomba etrusca scoperta da archeologi di Torino

gli archeologi recuperano i materiali1
Il team di archeologi dell’Università di Torino guidato dal docente di Etruscologia e Antichità Italiche, Alessandro Mandolesi, ha scoperto una tomba etrusca del VII secolo a.C., durante lo scavo del Tumolo della Regina di Tarquinia finanziato da investitori privati, fra cui la Tecnozenith di Saluzzo e il gruppo Kostelia di Barberino di Mugello.

Si tratta di una tomba con un diametro di oltre 40 metri situata nell’area della Doganaccia nella provincia di Pistoia, al centro della vasta necropoli dei Monterozzi, sito Unesco. La sepoltura è considerata come la più grande costruzione a tumulo di Tarquinia finora nota.
Le sei campagne di scavo hanno riservato non poche sorprese agli archeologi impegnati nelle indagini: per le sue particolarità strutturali e decorative, il sepolcro appare un unicum nel panorama dell’architettura funeraria etrusca di età orientalizzante.

Da segnalare il ritrovamento, sempre nel 2011, dei resti di tre veicoli: un cocchio, un calesse e un carro per il trasporto del defunto. Il calesse è stato recentemente restaurato e montato su un supporto a integrare le parti mancanti.

Dal 2009 le indagini si sono allargate al sepolcreto principesco che si estende intorno al Tumulo della Regina. Importante il rinvenimento della tomba Gemina, un sepolcro caratterizzato dalla presenza di due camere funerarie destinate ad ospitare due coppie di defunti, probabilmente illustri parenti del proprietario del tumulo. È proprio nel contesto di questo sepolcreto afferente al tumulo che quest’anno è avvenuto il ritrovamento di una tomba eccezionalmente inviolata.

L’ipogeo risale agli inizi del VI secolo a.C. All’interno ci sono due letti funerari scavati nella roccia. Su quello di sinistra c’era uno scheletro, probabilmente di una donna sui 35-40 anni, deposta con i suoi ornamenti e oggetti personali, fra cui una pisside in lamina di bronzo decorata a sbalzo. Sulla banchina di destra c’erano le ceneri di un uomo, probabilmente il marito. Sulla parete di fondo, ancora appeso ad un chiodo, c’era un aryballos (unguentario) di tipo greco-corinzio. Questa particolarità rara ha indotto la dott.ssa Russo a denominare il sepolcro “tomba dell’aryballos sospeso”.

Le decorazioni pittoriche delle pareti della tomba sono schematiche e rappresentano un tetto displuviato realizzato con linee rosse.

Tutti gli oggetti rinvenuti sono stati prelevati e consegnati nelle mani dei restauratori. Nei prossimi mesi verranno studiati e si potranno avere informazioni più precise sui proprietari del sepolcro.

Il lavoro che ora aspetta gli archeologi è un paziente riordino della documentazione e dei materiali recuperati in sei anni di scavi, al fine di offrire al più presto una pubblicazione esaustiva su questo monumento e sull’area circostante. Una grande novità è anche rappresentata dalla struttura addossata alle spalle del tumulo, una sorta di podio-altare che è stato messo in luce negli ultimi due anni. Inoltre saranno presto svolti dei lavori di valorizzazione del monumento, finanziati dalla Regione Lazio, nell’ambito del progetto Via dei Principi, che comprenderanno il restauro di un tratto del tamburo.

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